lunedì 14 luglio 2014

E tanto vince la Germania: 4 volte Campioni del Mondo

Forse aveva ragione Lineker quando pronunciò la frase "il calcio è un gioco semplice: 22 giocatori rincorrono un pallone per 90 minuti e alla fine vince la Germania". La disse subito dopo aver perso contro gli allora tedeschi della Germania Ovest di Matthaus (presente in tribuna al Maracanà) che in finale trionfarono allo stadio Olimpico di Roma, battendo per 1-0 gli argentini di Maradona, Sensini e Caniggia.


Da quel momento i colori giallo, nero e rosso sono diventati un incubo per l'Albiceleste che non ha più trionfato contro gli europei: nel 2006, proprio in territorio teutonico, nei quarti si arresero ai rigori; nel 2010 in Sudafrica sempre ai quarti, subirono una sonora batosta, con Muller e Klose che segnarono 3 gol del 4-0 finale.

Della partita di Città del Capo, Messi, Mascherano, Higuain e altri erano presenti anche oggi e quella sconfitta era sicuramente ancora viva nelle loro menti.
Purtroppo il vento non è cambiato e i biancocelesti non hanno potuto rialzare la Coppa come nell'86 in Messico quando sconfissero proprio per l'ultima volta la Germania.

Per raccontare questa partita bisognerebbe cominciare dalla fine, perché nei primi 90 minuti le due squadre si sono equivalse, anche se il loro sistema di gioco è stato completamente differente.
La Germania come nelle precedenti partite, ma soprattutto come visto nella vittoria schiacciante inflitta al Brasile, ha mostrato solidità, azioni ben pensate, uso di entrambe le fasce, mentre l'Argentina si affidava alla fisicità, alle ripartenze veloci e all'innesco dei giocatori più validi come Messi, Perez e Rojo.

Le occasioni non sono mancate né da una parte né dall'altra e le più clamorose sono state: per gli argentini due incursioni del "Pipita" Higuain la prima calciata malamente a lato e la seconda finita in porta, ma fermata per un giusto fuorigioco e una scorribanda di Messi finita a fil di palo; per i tedeschi il palo clamoroso arrivato ancora su calcio d'angolo, ma in questa circostanza a saltare non era stato Hummels bensì Howedes con l'esito sfortunatamente diverso, a Romero battuto e Schurrle che non aveva saputo sfruttare una palla filtrante centrale, ritardando nella conclusione.


Nel supplementare il momento decisivo: giocatori al limite, le difese fino ad allora perfette da entrambe le parti, hanno iniziato a soffrire la stanchezza, passaggi imprecisi e intese traballanti.
ma mentre Palacio non è stato capace di finalizzare uno straordinario cross di Rojo che ha mandato fuori giri Hummels, concludendo con un pallonetto che non avrebbe mai superato Neuer, Shurrle sul cambio di fronte, ha pennellato un traversone per Gotze (dimenticato dai centrali Demichelis e Garay), il quale a differenza del "Trenza", ha compiuto uno stop di petto sublime, come la coordinazione del tiro che ha spiazzato Romero. 


Berlino esplode di gioia, i tanti sudamericani giunti da Buenos Aires rimangono ammutoliti insieme a quelli che avevano "invaso" la spiaggia di Copacabana. 
Il 22enne di Memmingen, fino a quel momento l'uomo meno in vista (si pensava perfino buttato lì in campo per far perdere tempo), si lancia in una corsa infinita, così come tutti i suoi compagni che ritrovano le forze per combattere negli ultimi 8 minuti rimasti.

L'Argentina lotta fino all'ultimo, ma come per tutta la partita, mette più la fisicità che la testa. I tedeschi si uniscono in un muro invalicabile, e il mattone più grosso è l'estremo difensore del Bayern Monaco, 3 sconfitte in 54 partite con lui in Nazionale, numeri che fanno paura.


L'altro uomo immagine è Schweinsteiger l'"altro capitano" della Germania, nemmeno i crampi e un pugno faccia ricevuto da Aguero l'hanno fermato, con il sangue sul volto ma il carattere da vendere. 
Però la Germania di questo mondiale è stato il gruppo, è fa ancora più inquietudine vedere l'età di molti di loro con una carriera lunghissima davanti a iniziare proprio dall'eroe della serata, Gotze, che potrà togliersi tante soddisfazioni. 


Il capitano Lahm, Klose, Muller e tutti gli altri hanno meritato questa vittoria, si sono tolti tanti sassolini dalla scarpa, rivendicato la finale del 2002 persa contro la nazione di Ronaldo, quel Brasile dove oggi hanno trionfato sotto al Cristo di Rio e diretti proprio da un italiano come 12 anni fa, con Rizzoli che ha portato bene a differenza di Collina.  

Quell'Italia che aveva trionfato in casa loro a Berlino nel 2006 dopo averli battuti in semifinale, e che oggi poteva limitarsi a vedersi rappresentata solo dall'arbitro. Rizzoli però ha portato con orgoglio la bandiera tricolore che stringeva tra le mani fin sul podio, dove è stato premiato per l'ottima direzione. 

Le parole non mancano nemmeno per Loew, che dopo aver guidato la sua nazione fino al terzo posto in Sudafrica inginocchiandosi solo alla fortissima Spagna, ha cacciato via l'etichetta di "eterna seconda" che si stava stampando sulle spalle dei tedeschi, e creato un gruppo omogeneo, con uno stile di gioco corale, con sprazzi di pura tecnica e un modulo molto offensivo con una difesa alta, perfettamente interpretata da Boateng e Hummels. 
Durante la premiazione il tecnico dei tedeschi è quasi rimasto in disparte, così come al gol decisivo al quale era rimasto impassibile, rimandando l'esultanza al fischio finale. Ha dato l'impressione di lasciare tutti i meriti al suo fantastico gruppo, ma tutti si sono accorti di come ha impartito lezioni ai suoi colleghi con la sua intelligenza tattica e la carica giusta che ha dato anche a chi subentrava a partita in corso.



La delusione più grande di questa finale è senza dubbio la "Pulce" Messi, mai decisivo dagli ottavi in poi, sembrato sempre fuori dal gioco, tanta corsa ma poca inventiva, qualche spunto personale ma scarse iniziative per i compagni. Si vociferava tanto del paragone con Maradona, ma il numero 10 visto in campo anche oggi sembrava solamente un giocatore con tanta volontà e tante abilità, ma poco incisivo quando era il momento decisivo.

Al momento della premiazione come miglior giocatore del Mondiale, si è vista subito lo sconforto scolpito sul volto dell'argentino che sa di aver buttato un'occasione d'oro per "salire" sul podio dei più grandi calciatori della storia.

Adesso sono 4 le stelle sul petto della Germania, come per l'Italia e una in meno del Brasile, e probabilmente saranno ancora questi paesi a darsi battaglia fra quattro anni dall'altra parte del mondo, nella fredda Russia.



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